Questa è la ricetta della vita disse mia madre tenendomi fra le braccia mentre piangevo pensa a quei fiori che pianti in giardino ogni anno t’insegneranno che anche le persone devono appassire cadere radicare crescere per poter fiorire
Rupi Kaur, The Sun and Her Flowers
Nota di Marilena Lucente: Giorni di tradizioni, variazioni, invenzioni. In ogni ricetta c’è dentro un segreto e un insegnamento.
Qui, in questa poesia, l’ingrediente principale è l’abbraccio.
A seguire sono ammesse varianti da donna a donna. La Natura però resta una grande Maestra.
In foto, una suggestiva creazione artistica di Adelaide Sorrenti
ottobre 15, 2020
Commenti disabilitati su Cu ’o penziero me sperdo int’ ’o sprufunno
Paolo Martino traduce in napoletano L’Infinito di Leopardi
Nota di Mrilena Lucente: io nel pensier mi fingo, scrive Leopardi.
Nell’Ottocento il verbo “fingere” indica immaginare, “rappresentarsi con la fantasia”.
Un limite, questo è quello che serve all’immaginazione per incominciare un viaggio, il viaggio.
L’immaginazione, scrive Leopardi, è la prima fonte della felicità umana.
L’immaginazione, la capacità di “fare” immagini, partire dalla realtà e andare lontano, prendere del filo colorato e ricucire quello che è strappato, non accontentarsi del primo sguardo, oltre, oltre, oltre.
Sfogliarsi gli orizzonti dentro.
Questa è l’immaginazione, questo il pensiero. qui tradotto con tre espressioni diverse:
i’ me figuro,
me veneno a mente ’,
Cu ’o penziero me sperdo
L’infinito, in napoletano, è l’atto di sperdersi, il tempo che sprofonda nel pensiero.
ottobre 14, 2020
Commenti disabilitati su Son fatta di sogni infranti
L’acqua del mare non può affondare una nave, a meno che non vi entri dentro. Allo stesso modo, la negatività del mondo non può distruggerti… a meno che non tu permetta ad essa di entrare dentro di te.
Martha Medeiros
ottobre 7, 2020
Commenti disabilitati su In questa notte d’autunno
In questa notte d’autunno sono pieno delle tue parole parole eterne come il tempo come la materia parole pesanti come la mano scintillanti come le stelle. Dalla tua testa dalla tua carne dal tuo cuore mi sono giunte le tue parole le tue parole cariche di te le tue parole, madre le tue parole, amore le tue parole, amica. Erano tristi, amare erano allegre, piene di speranza erano coraggiose, eroiche le tue parole erano uomini
N. Hikmet, 1948
Nota di Marilena Lucente: Hikmet è la passione, l’amore per la vita, per la luce, per la necessità di camminare sino a trovarsi. un amore vissuto attraverso la scrittura dall’esilio e dal carcere.
Domani. La parola
libera, vacante, senza peso,
si muoveva nell’aria,
così senz’anima e corpo,
senza colore nè bacio,
che l’ho lasciata passare
al mio fianco, nel mio oggi.
Ma all’improvviso tu
hai detto: “io, domani…”.
E tutto si è animato
di carne e di bandiere.
Pedro Salinas, La voce a te dovuta
Nota di Marilena Lucente: Il poeta greco Costantino Kafavis è nato e morto con il mare negli occhi, il mare di Alessandria d’Egitto. La sua poesia ha attraversato il Novecento, con la semplicità dello stile, la varietà dei contenuti. Verso dopo verso, legge la vita come se fosse un viaggio.
Sua è una delle più belle poesie dedicate alle isole, anzi, all’Isola: Itaca.
Se per Itaca volgi il tuo viaggio,
fa voti che ti sia lunga la via,
e colma di vicende e conoscenze.
In ogni suo testo c’è una spinta a pensare: alla vita che ci viene data, la vita come la trasformiamo, come la rendiamo nostra, intima, somigliante a noi, oppure, l’ultimo verso, il più drammatico, ne facciamo “una stucchevole estranea” .
Itaca t’ha donato il bel viaggio.
Senza di lei non ti mettevi in via.
Nulla ha da darti più.
Capire cos’è Itaca, conoscere le ragioni dell’andare, arrendersi a ciò che ci spinge al viaggio – “quando viene la notte a tentarlo/ con le promesse e con le sue lusinghe” – è il modo di dare vita alla vita.
è come svegliarsi sul mare, scrive Kavafis in un’altra poesia.
Nota di Marilena Lucente: Una mia amica ha questo libro su un leggio sempre aperto nella sua cucina. Da anni. Dice di averne bisogno. Non so se lo legge ogni giorno oppure le basta sapere che è lì. Forse ha qualche verso in cui rifugiarsi o si riflette nella copertina.
Anche a me piace la poesia di Fried, la semplicità dei suoi versi e la potenza dei temi affrontati.
L’amore, in questo testo, prende la parola, accoglie esitazioni, rifiuti, dubbi. Non promette niente, perché sa – altre poesie tra le pagine lo raccontano – di non poter prevenire l’infelicità, ma conosce anche quello che accade in sua assenza:
La vita sarebbe forse più semplice
se io non ti avessi mai incontrata,
soltanto non sarebbe la mia vita.
Pagina dopo pagina, scrive Fried, non c’è niente, se c’è la forza di un sentimento, immeritevole di essere vissuto.
Maggio si’ tu!
ca st’aria doce vaje prufumanno…
Quanta canzone faje cantá a doje voce!
Quanta suspire io manno!
Mme faje murmuliá
tutt”e ccanzone amate
pecché tu viene e dice:
“‘E ‘nnammurate
hann”a cantá!”
Hann”a cantá…
ca pure Ammore
passa e nun more!
E chi ha vuluto bene,
se sente, dint”e vvéne,
cchiù ardente ‘a giuventù:
Maggio, si’ tu!
Maggio si’ tu!
ca mme truvaste cu ‘o core ‘e gelo;
ma quanta rose attuorno mme purtaste,
e quanta stelle ‘ncielo!
Turnaje a suspirá
pe’ chi fuje tanta ‘ngrata…
“Ah – lle dicette – t’aggio
sempe amata
e pure mo…”
E pure mo,
tutt’è turnato
comm’è passato…
Sento ch”a voglio bene:
tu ffuoco, dint”e vvéne,
è fuoco ‘e giuventù:
Maggio, si’ tu!
Maggio, e pe’ te
mme stó’ facenno cchiù mateniero:
rose e viole a ll’alba stó’ cuglienno
comm’a nu ciardeniere…
Tu mme faje suspirá
‘mmiez’ê ciardine ‘nfiore:
“Si tuttecosa torna,
pure Ammore
ha da turná!…”
Ha da turná!
Ll’aggiu chiammato,
ll’aggio aspettato…
E mo, ch”a voglio bene,
mme sento, dint”e vvéne,
cchiù ardente ‘a giuventù:
Maggio si’ tu!
E.A. Mario, Maggio si’ tu!
Nota di Marilena Lucente:
Maggio sei tu. è vero, è così. ci sono persone che sono maggio, come ce ne sono altre che potrebbero essere benissimo venerdì, altre che hanno la faccia tirata di novembre e quelle che hanno negli occhi il vento di marzo.
Che storia pure questa di e.a.Mario(pseudonimo di Giovanni Ermete Gaeta). un personaggio da cui è passata la storia di napoli e persino dell’Italia. Nessuno che non conosca la sua Tammurriata nera, e la storia della nascita della canzone – altrimenti un giorno ve la racconto – mentre pochi sanno del suo fervente patriottismo. Sua è infatti “La canzone del Piave” che i soldati cantavano in guerra. Del 1913 è questa Maggio si’ tu!.
Ma E.A.Mario entra ed esce in questa primavera anche per un altra ragione. De Gasperi, Alcide De Gasperi, lo chiama a Roma, gli chiede di scrivere l’inno per la Democrazia Cristiana, e gli suggerisce che avrebbe poi appoggiato il suo testo per la scelta dell’inno definitivo.
Scrivo solo su ispirazione, non su commissione.
Deve essere stata più o meno questa la risposta di E.A, Mario.
E così fu scelto l’Inno di Mameli, il giovane patriota morto a 22 anni dopo essere stato colpito dai francesi negli ultimi giorni della Repubblica Romana. 1849. Un’altra storia, un’altra nazione che allora chiamavano patria. in ogni caso, un altro uguale disperato amore per l’Italia.
E chi ha vuluto bene,/se sente, dint”e vvéne,/ cchiù ardente ‘a giuventù: Maggio chi è?
Rosa, si chiove ancora nun t’ammalincunì, ca d’ ‘o bontiempo ll’ora sta prossema a venì. Nun vide? ‘E luce ‘e sole lucene ‘e st’acqua ‘e file; è ‘a morte d’ ‘e vviole, so’ ‘e lacreme d’abbrile. Ma mo cchiù ffresca e ffina ll’aria se torna a fa’… Meh!… A st’aria d’ ‘a matina, Rosa, te puo’ affaccià. Aràpe ‘e llastre: aràpe sta vocca piccirella addò sulo ce cape nu vaso o na resella, canta: chist’ è ‘o mumento; tu cante e io, chiano chiano, mme faccio ‘a barba e sento, cu nu rasulo mmano. E penzo: “’A i’ ccà; s’affaccia… Mm’ ha visto… Mme saluta…”. E c’ ‘o sapone nfaccia dico: – Bongiorno, Ro’!…. Salvatore Di Giacomo
aprile 4, 2020
Commenti disabilitati su Adesso lo sappiamo quanto è triste stare lontani un metro
Questo ti voglio dire ci dovevamo fermare. Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti ch’era troppo furioso il nostro fare. Stare dentro le cose. Tutti fuori di noi. Agitare ogni ora – farla fruttare. Ci dovevamo fermare e non ci riuscivamo. Andava fatto insieme. Rallentare la corsa. Ma non ci riuscivamo. Non c’era sforzo umano che ci potesse bloccare. … omissis Una voce imponente, senza parola ci dice ora di stare a casa, come bambini che l’hanno fatta grossa … omissis Adesso lo sappiamo quanto è triste stare lontani un metro.
dicembre 27, 2020
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